La scuola è ricominciata, ma non suona davvero la campanella per tutti.
- 23 set
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In Italia, ancora nel 2025, migliaia di studenti con disabilità non hanno i servizi fondamentali dal primo giorno di scuola e quindi non possono frequentare.
Ovunque si riscontrano ritardi, carenze orarie e personale provvisorio, come se i bisogni educativi fossero facoltativi e/o parcellizzabili.
Ogni anno si ripete la stessa sceneggiata: servizi che non partono, famiglie al palo, lavoratori in precarietà. A volte si arriva a chiedere ai genitori di ridurre le ore che i figli passano a scuola.
Eppure, non dovrebbe essere difficile: basta partire dai dati certi delle iscrizioni e preiscrizioni per calcolare per tempo il fabbisogno nazionale, permettere alle Regioni e agli Enti preposti di programmare e garantire a tutti il servizio dal primo giorno. Invece ogni inizio d'anno scolastico permangono confusione e incertezza per settimane.
Per non parlare della non-presenza di un pensiero e relativa organizzazione all’interno di ogni singola scuola, dell’accoglienza e di progettualità che siano tese a garantire a tutti la piena partecipazione alla vita scolastica.
Perché non esistono solo le barriere architettoniche. Più spesso assistiamo alla indiscussa e resistente architettura di un sistema culturale che di autopromuove e autoriproduce all’interno di ruoli sociali, più o meno consapevolmente, della “cultura dello scarto”.
Ancora oggi la scuola inclusiva, salve rarissime eccezioni, resta un’illusione.
Crescono i casi di bullismo, con ragazzi vittime che arrivano alla disperazione estrema. Ma cosa fa davvero la scuola contro il bullismo?
Nel 2025 la scuola italiana si è dotata di nuove norme e strumenti importanti: protocolli antibullismo, team dedicati, formazione per insegnanti, supporto psicologico e collaborazione con famiglie e forze dell’ordine. Sono nate campagne di educazione al rispetto e decine di migliaia di scuole hanno attivato percorsi per favorire l’inclusione e il contrasto ad ogni forma di violenza.
Eppure, tutto questo non basta.
La scuola sembra aver abdicato al suo compito pedagogico ed educativo principale: includere tutti gli studenti, educarli al rispetto e prepararli alla vita.
E quale è il “merito” di una scuola con servizi ancora assenti, la burocrazia, le disuguaglianze, ancillare a un modello economico-culturale che premia solo la performance lasciando indietro troppi giovani. Contribuendo, a volte e purtroppo, verso derive patologiche comportamentali o disturbi alimentari.
Serve una scuola che sia una casa per tutti, un luogo di crescita e di futuro. Occorre rinnovare davvero il modello di inclusione scolastica, non solo con leggi, ma con risorse, programmazione e una cultura che metta al centro ogni studente, come soggetto interdipendente di sistema. L’importanza della cooperazione verso la competizione.
Ascoltare i giovani è la chiave: come dimostra il podcast “Punti di vista”, dove studenti parlano di inclusione e disabilità, educando i loro coetanei con storie vere e un linguaggio rispettoso.
Il lavoro da fare è davvero tanto, l'obiettivo è ambizioso, ma occorre meditare seriamente su cosa si può fare (e come) per salvare ciò che resta della scuola italiana, un tempo un modello internazionale in grado di fare crescere e di crescere.
Perché la campanella deve suonare per tutti, sempre.
Cristina Finazzi – Raffaella Turatto
Uniti per l’autismo 18 settembre 2025

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